Che cosa è Jineolojî?
Tratto dal libro “Jin Jiyan Azadî. La Rivoluzione delle donne in Kurdistan” a cura dell’Instituto Andrea Wolf, 2020, pubblicato da Tamu Edizioni.
Se intendiamo la scienza come una descrizione avanzata del significato, comprenderemo rapidamente la relazione che questa ha col potere e l’oppressione; o vedremo la sua sconfitta in nome della scienza, o capiremo il grave problema di ciò che chiamiamo scienza. Il risultato che dobbiamo ottenere è una definizione nuova della scienza stessa e del suo significato. La scienza ha bisogno di una nuova rivoluzione paradigmatica.
Rêber Apo
Il termine Jineolojî è formato dalla parola curda jin, che significa «donna» e che condivide la stessa radice con jiyan/jin, che significa «vita»; lojî è l’adattamento in curdo del greco -logia ed è il suffisso utilizzato per le parole che descrivono una scienza; significa anche «ragione», «parola» o «detto». Per cui la Jineolojî può essere tradotta come «scienza della donna» e/o «scienza della vita». La parola Jineolojî appare per la prima volta nel terzo volume del Manifesto della civiltà democratica di Abdullah Öcalan, intitolato “Sociologia della libertà”. La scienza delle donne, elaborata a partire dal 2008, si basa su quarant’anni di esperienze del Movimento delle donne curde nella guerriglia e nella società: è tanto un risultato quanto un inizio. È il risultato del progresso dialettico del Movimento delle donne curde e anche l’inizio di una risposta alle contraddizioni e ai problemi della società moderna.
Nel 2011 fu costituito il primo comitato di Jineolojî all’interno del Pajk ((Partito delle donne libere del Kurdistan). Così si aprì un lungo processo di discussione, durato fino al 2014, che stabilì le fondamenta e le necessità di Jineolojî come organizzazione. Tali discussioni e studi sono confluiti in un libro intitolato “Introduzione alla Jineolojî”. Nel 2015 le donne del partito si riunirono sulle montagne del Kurdistan per la prima conferenza di Jineolojî organizzata dal Pajk. In quell’occasione furono creati diversi comitati per promuovere il lavoro di Jineolojî nelle quattro parti del Kurdistan e in Europa, muovendo i primi passi per la diffusione della scienza delle donne. Anche se il primo comitato di Jineolojî è nato all’interno del Pajk, la sua rete oggi è diffusa in varie parti del mondo, e anche donne di organizzazioni diverse, che non sono legate al Pajk, fanno parte di Jineolojî.
La Jineolojî non è un’ideologia, ma una scienza e un metodo per produrre e ricostruire la conoscenza; per questo deve essere universale e accessibile a tutte le donne. Al contempo, essa è consapevole dell’influenza che l’ideologia della modernità capitalista ha sulla scienza, e per questo si propone come scienza della modernità democratica.
Heval Heja Zerya dice: “Nel 2012 ero nel campo del comitato di Jineolojî in montagna, anche se mi occupavo di comunicazione e giornalismo per il Pajk. Il gruppo non era molto numeroso, per cui facevamo molti dibattiti e riunioni tutte insieme. Ero coinvolta anch’io quando le compagne stavano pianificando e scrivendo il primo opuscolo di Jineolojî. Discutevamo le proposte di Rêber Apo per ampliare il nostro lavoro nell’ambito della scienza. Studiando e ragionando in base al Manifesto di Rêber Apo, abbiamo cominciato a comprendere cosa fosse la Jineolojî – perché all’inizio non lo capivamo bene. È successa la stessa cosa con la parola «femminismo», che sebbene sia stata proposta da Charles Fourier, è stata messa in pratica dalle donne che si sono organizzate e hanno lottato intorno a questo concetto. Così è nata anche la Jineolojî. Avevamo letto della questione della donna e delle lotte delle donne in tutto il mondo, ma lo sguardo e le conclusioni di Rêber Apo erano diversi. La sua era una prospettiva scientifica a partire dal punto di vista delle donne. Le nostre fondamenta si trovano nei cinque tomi del “Manifesto della civiltà democratica”, ma Rêber Apo dice che dobbiamo fare ricerca e dare una nostra lettura, che questo è compito nostro, non suo. La Jineolojî ci permette di vedere l’ideologia in relazione alla sociologia, cosicché l’ideologia sia in accordo con le cose concrete della società. Bisogna studiare la lotta condotta finora a tutti i livelli, e capire come portarla avanti. Inoltre, è necessario studiare la storia delle donne, che non è ancora stata scritta. La natura della donna e quella della società sono in connessione con l’universo: se facciamo luce sulla storia delle donne, la faremo anche sulla natura della società. Abbiamo quindi capito l’importanza di iniziare a scrivere la storia delle donne.
Nel 2010 un gruppo di compagne si riunì per scrivere due libri sulla lotta di liberazione delle donne, prendendo come riferimento una raccolta di scritti di Rêber Apo sulla questione della donna e sulla storia. Il primo libro racconta della storia in generale e il secondo della nostra storia in quanto donne del Kurdistan. Anch’io ho collaborato alla loro stesura. Discutevamo di cosa inserire e come farlo, se dovevamo completare o cambiare qualcosa. Non facevamo solo un copia e incolla, ma trovavamo la forma appropriata perché il contenuto si potesse comprendere correttamente. I due libri trattano della lotta delle donne del Kurdistan e di tutte le sue tappe: per esempio, la creazione dell’esercito delle donne, i problemi che abbiamo incontrato, i dibattiti che ci sono stati in ogni luogo e momento, come abbiamo superato gli ostacoli, quali riflessioni abbiamo fatto con Rêber Apo. Li abbiamo pubblicati sotto il nome di “Tesi di libertà” (Tezên Azadî). Questi libri rappresentano un avvicinamento sociologico a tutti i processi storici e hanno costituito una base importante per la creazione di Jineolojî.
Il processo per far conoscere la Jineolojî è cominciato attraverso seminari della durata di due o tre ore ciascuno. All’inizio i dibattiti si tenevano nelle montagne ma, in breve tempo, iniziarono a diffondersi anche in carcere e nella società. E non solo tra le donne, ma anche tra i compagni. Tutti e tutte erano curiose di sapere e discutere della Jineolojî. Dopo un po’ Jineolojî diventò una formazione di due o tre giorni, poi di cinque o sei, e in seguito venne inclusa nel programma di tutte le accademie del Movimento.
L’obiettivo della prima conferenza del 2015 era quello di stabilire come organizzare il lavoro di Jineolojî e come condividerlo con le realtà esterne al comitato. La situazione in Kurdistan era difficile nel periodo della conferenza: la guerra in Bakur, gli attacchi a Shengal, Kobane, ecc. Credo di ricordare che siamo riuscite a riunirci solo per quattro o cinque giorni, ma in quell’occasione abbiamo potuto esprimere tutte le nostre opinioni e discutere tutti i temi più urgenti, sia sul contenuto generale della Jineolojî che su molti altri aspetti: demografia, economia, politica, ecologia, etica ed estetica, storia, educazione e salute. Dopo la conferenza abbiamo creato i comitati per l’Europa, il Bakur e tutte le altre parti del Kurdistan. Jineolojî è un lavoro collettivo in evoluzione costante, che non portiamo avanti da sole; l’obiettivo è che i comitati e gruppi di lavoro siano attivi in tutto il mondo.
Il primo libro sulla Jineolojî in realtà fu scritto dalle compagne organizzate nelle carceri turche, ma impiegò molto tempo prima di arrivare sulle montagne; infatti arrivò dopo la prima conferenza di Jineolojî. I dibattiti sulla Jineolojî in carcere sono stati molto fruttuosi: il carcere, in generale, è un luogo di concentrazione e formazione. Per questo, le compagne si organizzavano in gruppi e ciascun gruppo, per quattro o cinque mesi, si impegnava a fare ricerca e a discutere un tema legato alla Jineolojî. I temi erano molti, circa quindici. Le compagne scrivevano di qualsiasi argomento: come Jineolojî vede l’economia, la società, il femminismo, ecc. Poi, quando si presentò l’opportunità, tutto il lavoro venne raccolto, le conclusioni di ogni gruppo furono discusse tra tutte le compagne e il volume fu redatto dal carcere stesso, collettivamente.
Il libro “Discussioni sulla Jineolojî” è stato elaborato in maniera collettiva tra le prigioniere di diverse carceri, attraverso delle lettere che si inviavano tra loro. Ad Amed si è definito il progetto del libro, i temi sono stati suddivisi e inviati alle diverse carceri. Ogni compagna si è presa la responsabilità di uno dei temi, ha fatto ricerche, ha scritto e ha inviato il suo testo alle altre. Alcuni testi sono stati criticati, altri sono stati corretti. In questo modo il lavoro non è stato portato avanti in una sola cella o prigione, ma è stato discusso in più carceri, è il risultato dei contributi delle compagne di tante carceri differenti.”
Con l’obiettivo di introdurre la scienza delle donne e organizzare il lavoro di Jineolojî nella società, furono organizzate diverse conferenze al di fuori del Pajk. Jineolojî si estese rapidamente: nel 2012 fu organizzata una conferenza in Başûr, nel 2014 un’altra a Colonia e nel 2016 un’altra ancora a Parigi. In queste conferenze emerse l’urgenza di capire e indagare il sistema capitalista in relazione alla distruzione della natura e all’uccisione delle donne. Furono presentate le prime valutazioni relative ai movimenti femministi e le critiche alla scienza positivista. Si ammise anche la necessità di creare istituzioni autonome per coltivare la scienza e il pensiero delle donne e una propria metodologia di autodifesa, così come di espandere la Jineolojî affinché fosse non solo al servizio della società curda, ma di tutte le donne del mondo.
PERCHÉ UNA SCIENZA DELLE DONNE?
Senza sociologia, la rivoluzione o la trasformazione della società possono – inconsapevolmente – diventare complici di omicidi e tradimenti. Pertanto, c’è una sola possibile via, ed è quella di liberare le nostre scienze sociali dalle grinfie delle forze di dominazione e oppressione che utilizzano la conoscenza per preservare il loro potere, e dunque rifondarle. Questo significa che dobbiamo creare le nostre scuole e accademie di sociologia. Dobbiamo costruire la nostra mentalità guardando alle scienze sociali come spina dorsale della nostra politica. Questo è forse più importante di qualsiasi altra cosa: dobbiamo creare e assicurare la gestione autonoma della morale sociale.
Rêber Apo
La scienza è l’insieme delle conoscenze della società, tanto in un contesto teorico quanto in uno pratico, che dà alla società la pos- sibilità di evolvere e trasformarsi. La Jineolojî offre alle donne gli strumenti per analizzare e comprendere il mondo a partire dal proprio punto di vista e dalla propria personalità, con l’intento di condurre tutta la società verso un movimento di trasformazione radicale. La «donna» non è intesa solo come essere biologico né solo in quanto genere o come genere oppresso. Nella Jineolojî la donna è intesa come creatrice della società e, pertanto, come essere sociale, politico, storico, economico, ecc. È per questo che Jineolojî non si limita a elaborare strumenti su «questioni di donne»: ci rendiamo conto che tutte le questioni sono questioni di donne. È necessario che in tutti gli ambiti della vita si faccia una revisione e un’analisi che vada oltre la mentalità del potere e dell’oppressione, ma dal punto di vista della donna: della donna libera, che si libera e lotta, che trova sé stessa e rifiuta le categorie che le sono state imposte e le menzogne seminate dentro di sé.
La sociologia e le scienze sociali sono nate con l’obiettivo di comprendere i cambiamenti sociali della modernità capitalista, nel contesto dell’industrializzazione e della creazione dello stato-nazione. Queste scienze hanno fallito nel loro compito di trovare soluzioni ai problemi della società e alle crisi sociali, politiche e ambientali attuali, perché hanno mantenuto una stretta connessione con il sistema, che è la fonte dei problemi. Nonostante l’esistenza di tutte le accademie e delle istituzioni scientifiche lo stato di caos, violenza, sfruttamento, oppressione e guerra in cui viviamo peggiora ogni giorno di più.
L’archeologo e storico Gordon Childe diceva che il Neolitico ha rappresentato «la rivoluzione del pensiero e della scienza». Rêber Apo chiama questo periodo «rivoluzione delle donne». Molte delle scienze e delle invenzioni che oggi continuano a essere imprescindibili hanno origine nel Neolitico, come ad esempio la medicina, l’agricoltura, l’astronomia. Le prime scienze sono nate nel contesto della cultura della dea madre, intorno alle donne, con l’obiettivo di rispondere alle necessità della società, di dare un senso alla vita e di comprendere l’universo. Quando l’umanità e la scienza si sono separate dal senso della vita, si è aperta la strada alla manipolazione della mente umana e allo sfruttamento della natura. La Jineolojî è la scienza che si nutre della seconda rivoluzione delle donne nello stesso momento in cui la alimenta. La seconda rivoluzione delle donne sarà anche una rivoluzione scientifica e metterà le donne al centro della conoscenza, ispirandosi al ruolo che esse ricoprivano nella società naturale.
La Jineolojî è una scienza che mira a liberarsi dell’influenza delle scienze egemoniche e dei pregiudizi orientalisti o razzisti che denigrano e attaccano le donne delle culture tradizionali, quelle che non rientrano nella cornice dello stato-nazione o della scienza della modernità capitalista. Le fonti di conoscenza della Jineolojî sono le esperienze, la saggezza e la storia delle donne dall’epoca matriarcale fino ai nostri giorni. La Jineolojî è la scienza delle donne e della vita. Per raggiungere la liberazione delle donne e della società è indispensabile chiedersi: qual è il senso della vita? Che cos’è una vita libera? Come vogliamo vivere? Jineolojî costruisce il suo operato a partire da queste basi filosofiche.