Risultati del ciclo di seminari: “Ruolo e responsabilità dell’uomo nella creazione di una famiglia democratica e di una società libera”.

Questo articolo è stato pubblicato il 5 Giugno del 2022 in lingua curda. Successivamente all’occupazione di Afrin nel 2018 da parte della Turchia e dei mercenerari jihadisti, la popolazione è migrata nella regione di Shehba. Dal Dicembre 2024 le forze jihadiste affiliate alla Turchia e con il sostegno delle forze che stanno componendo il nuovo governo siriano, hanno occupato anche la regione di Shehba, obbligando circa 200.000 abitanti (già sfollati nel 2018 da Afrin) a muoversi di nuovo in zone più sicure dell’Amministrazione Autonoma del Nord Est. La violenza delle forze egemoniche non solo uccide fisicamente le persone, ma blocca i processi rivoluzionari, non permettendo ai popoli di fare la propria rivoluzione culturare, di valori e di costruire a propria autonomia. Questo articolo racconta del processo di ricerca e di educazione iniziato nella regione di Shehba riguardante la trasformazione dell'uomo e della sua importanza per creare una società libera.

Preparato dal Centro di ricerca Jineolojî di Afrin e Shehba e da Kongra Star.

La mentalità maschile dominante si è trasformata nella fonte di tutte le crisi umanitarie: degli attacchi letali inflitti alle donne, alla natura, alla società e a tutti i popoli. Sebbene la resistenza contro questa brutalità e la lotta per la libertà delle donne non abbiano vacillato, ancora oggi sentiamo l’impatto delle tensioni tra l’uomo oppressore e la donna oppressa in ogni momento e in ogni parte della nostra vita. All’inizio del XXI secolo, la violenza di genere, lo stupro, l’occupazione e le uccisioni di massa sono diventate le armi della Terza guerra mondiale e della politica della modernità capitalista. Ma, in netto contrasto con ciò, sempre più movimenti e persone in tutto il mondo in cerca di libertà, si stanno rendendo conto che senza la libertà delle donne non c’è libertà per la società. Ciò significa che la lotta per la libertà delle donne in tutto il mondo sta rinnovando e raddoppiando i suoi sforzi. Le donne stanno alzando la voce in difesa della vita, della società e della natura.

In quanto rivoluzione delle donne, la rivoluzione del Rojava è uno di questi ambiti in cui le donne hanno assunto il ruolo di avanguardia. Le voci e i colori delle donne si esprimono in ogni ambito della vita: dalle forze militari e di autodifesa alla rappresentanza politica; dall’istruzione, dalla scienza e dalle lingue alla sanità; dalla costruzione del sistema di autonomia democratica della Siria settentrionale e orientale alle stesse strutture indipendenti delle donne. Sono stati compiuti passi importanti per riconoscere la volontà e il potere collettivo delle donne: la creazione di istituzioni e consigli delle donne, lo sviluppo di leggi per la difesa dei diritti delle donne e l’affrancamento del sistema di governo a copresidenza [un uomo e una donna]. Allo stesso tempo, sono stati avviati diversi progetti educativi volti a superare la mentalità patriarcale e il sessismo all’interno della società. È fondamentale indagare sul dominio maschile e sulle relazioni tra famiglie e partner.

È indubbio che i cambiamenti generali delle circostanze sociali – in particolare in tempi di guerra e di rivoluzione – lasciano il segno sul modo di vivere la famiglia e le relazioni di coppia. In luoghi e tempi diversi, le donne rivoluzionarie hanno vissuto nella speranza che, con il fiorire della rivoluzione, questi cambiamenti annunciassero una nuova era per le donne e la società. Ad esempio, nei primi anni della Rivoluzione sovietica, la rivoluzionaria Alexandra Kollontai vide la necessità di ridefinire l’istituzione della famiglia per realizzare una società comunista. Spiega:

“È inutile non affrontare la verità: la vecchia famiglia in cui l’uomo era tutto e la donna niente, la tipica famiglia in cui la donna non aveva volontà propria, tempo proprio e denaro proprio, sta cambiando sotto i nostri occhi. Ma non c’è da allarmarsi. È solo la nostra ignoranza che ci porta a pensare che le cose a cui siamo abituati non potranno mai cambiare. Niente di meno vero del detto “come era, così sarà”. Basta leggere come si viveva in passato per capire che tutto è soggetto a cambiamenti e che nessun costume, organizzazione politica o principio morale è fisso e inviolabile. Nel corso della storia, la struttura della famiglia è cambiata molte volte; un tempo era molto diversa dalla famiglia di oggi. (…) Non c’è quindi motivo di essere spaventati dal fatto che la famiglia sia in fase di cambiamento, che si stiano scartando cose superate e inutili e che si stiano sviluppando nuove relazioni tra uomini e donne. Il nostro compito è quello di decidere quali aspetti del nostro sistema familiare sono superati e di determinare quali relazioni, tra uomini e donne delle classi operaie e contadine, e quali diritti e doveri si armonizzino meglio con le condizioni di vita della nuova Russia operaia”.

Ma le esperienze di Alexandra Kollontai e di altre donne nelle rivoluzioni passate e presenti in tutto il mondo, ci mostrano che non è facile superare l’oppressione maschile e trasformare democraticamente gli atteggiamenti e le relazioni all’interno della famiglia. L’argomento è un’enorme pietra d’inciampo sulla strada della libertà per le donne e per la società.

Guardando ai fallimenti delle rivoluzioni e delle lotte del XX secolo, Abdullah Öcalan ha valutato che nel XXI secolo ci sia la necessità di una rivoluzione delle donne. Con le sue analisi della realtà delle donne e della famiglia in Kurdistan, fatte alla fine degli anni ’80, Öcalan ha sottolineato che il dominio maschile non libererà da solo la sua presa sulle donne e sulla società. Nel suo discorso dell’ 8 marzo 1998, ha analizzato la mentalità patriarcale e il significato dell’istituzione della famiglia:

Se vogliamo la liberazione delle donne, dobbiamo criticare con forza le nostre strutture sociali che si basano sull’ideologia della supremazia maschile. Un elemento importante è la famiglia. Anch’essa è un’istituzione di dominio maschile. (…) In particolare dal punto di vista della società curda, è chiaramente imperativo superare questa struttura. A mio avviso, la famiglia è la trappola più pericolosa in cui uomini e donne possono cadere. Nessuno dei due è pienamente consapevole dell’oscurità e della profondità con cui si chiude intorno a loro. La famiglia è il terreno in cui si radicano i sistemi coloniali imperialisti e tutte le forme di guerra speciale. Dobbiamo affrontarlo di petto e criticarlo. Questo concetto non significa che rifiutiamo completamente la famiglia. Rifiutiamo lo stato attuale della famiglia o discutiamo del suo superamento. Questa comprensione è fondamentale”.

Ampliando queste valutazioni, Abdullah Öcalan ha illustrato che la “questione delle donne” è in realtà un problema degli uomini. Per dipanare la rete di violenza e oppressione che ne deriva, ha proposto il concetto di “Uccidere il maschio dominante” come propria filosofia e ideologia, e di fatto come principio guida del socialismo. Ciò significa che, prima di tutto, ha liberato la propria personalità dall’impronta mentale della mascolinità dominante. Ha anche chiesto ad altri uomini di scoprire e indagare radicalmente le abitudini patriarcali radicate nella loro personalità e nella loro mentalità.

Accanto alla lotta rivoluzionaria organizzata delle donne, gli sforzi, le riflessioni e le prese di posizione dei rivoluzionari maschi sono esempi della ricerca della verità di una vita libera all’interno della rivoluzione del Kurdistan. Tra questi Mahsum Korkmaz, Fikrî Baygeldî, Engîn Sincar, Qadir Usta e Atakan Mahir. Gli uomini in cerca di libertà stanno diventando sempre più consapevoli della necessità di trasformare la mentalità e l’approccio patriarcale. Si stanno rendendo conto che il sistema patriarcale è alla base di tutte le crisi che l’umanità sta affrontando e delle miriadi di rischi di annientamento. Inoltre, il sistema di supremazia maschile non è una minaccia solo per le donne. La profonda crisi in cui versa la mascolinità stessa è visibile nell’aumento dei tassi di suicidio, l’enorme percentuale di uomini che si tolgono la vita. Secondo i dati dell’OMS, il tasso di suicidio maschile è doppio rispetto a quello femminile. Dopo gli incidenti stradali, il suicidio è la più alta causa di morte per i giovani uomini tra i 15 e i 29 anni a livello globale.

Questa tragica realtà della mascolinità dimostra che questo sistema, in cui l’uomo è dominante e la donna è oppressa e resa “onore” dell’uomo, è una strada verso la morte. In particolare, questa definizione distorta di onore è all’origine di molte tragedie e crimini disumani. Il vero significato dell’onore può essere definito come la difesa di un profondo senso di dignità, verità e libertà per tutta l’umanità, uomini e donne. Ma la mentalità patriarcale ha corrotto questa concezione e ha trasformato l’“onore” nella supremazia dell’uomo sul corpo, sulla vita e sull’essere delle donne. Oltre a questo femminicidio fisico e spirituale, gli uomini sono anche in profonda crisi d’identità ed esistenziale.

Abdullah Öcalan ha presentato la sua proposta di soluzione. Secondo il suo paradigma basato sulla democrazia sociale, sull’ecologia e sulla libertà delle donne, la realizzazione di una famiglia democratica e di una vita comune libera e paritaria è un pilastro della nazione democratica. Radicata in questo paradigma, la lotta per la libertà e gli sforzi per costruire relazioni paritarie e rispettose tra uomini e donne proseguono in tutte e quattro le parti del Kurdistan. Per questi stessi obiettivi, l‘Accademia Jineolojî lavora nella ricerca e nell’educazione in molte regioni diverse.

CHE COSA È UN UOMO?
In molte formazioni gestite da Jineolojî, poniamo le domande: “Che cos’è una donna?”. “Che cos’è un uomo?”. Questo per andare a fondo del significato di genere e per riconoscere le caratteristiche e le definizioni imposte dal sessismo alla società. È interessante notare che i partecipanti alle formazioni non hanno molti problemi a descrivere l’identità e l’essere delle donne. Da “dea madre” e “combattente per la libertà” fino a “pozzo asciutto”, vengono fuori molti tipi di definizioni diverse. Ma quando passiamo alla domanda “Che cos’è un uomo? Che cos’è la mascolinità?”, molto spesso la stanza si ammutolisce. È chiaro che gli uomini fanno fatica a definire il proprio genere. Non hanno mai imparato che il loro essere o la loro identità sono oggetto di indagine o di discussione, perché secondo una concezione sociale sessista l’uomo è “tutto”.

Ma grazie all’educazione al paradigma e agli scritti di difesa di Abdullah Öcalan della società curda, molti uomini hanno imparato a conoscere il ruolo della donna nella storia dell’umanità: nella creazione del tessuto sociale, nelle origini dell’artigianato e delle scienze. L’oppressore maschile si è appropriato della donna stessa e di ciò che aveva prodotto per il proprio tornaconto, trasformandola in una sua proprietà e nel suo “onore”. Grazie alle analisi di Abdullah Öcalan sulla storia delle donne nella società curda, si è diffusa la comprensione dei momenti storici che hanno distrutto la posizione delle donne e su cui sono state costruite le istituzioni patriarcali della famiglia e dello Stato.

La comprensione di questa verità è il motivo per cui molti uomini che partecipano a corsi di formazione associano alla realtà maschile parole come “oppressore”, “crudele”, “violenza”, “cultura dello stupro” o “irredimibile”. Non è facile esaminare a fondo la propria realtà e l’impatto dei sistemi oppressivi sulla propria personalità, e impegnarsi a lavorarci davvero. A volte, gli uomini che fanno il collegamento tra la parola uomo [zilam] e la parola “oppressivo” [zilmkar, dalla stessa radice], assumono improvvisamente una posizione reattiva a questa definizione, dicendo: “Non siamo come gli uomini di prima. I nostri valori riguardano l’uguaglianza tra uomini e donne”. Alcuni vogliono addirittura usare “mer” o “camer” [parole più antiche per indicare l’uomo con radici diverse, legate anche alla donna/madre] al posto di “zilam”, a causa delle associazioni alternative di queste parole, che pongono la generosità come caratteristica distintiva del genere maschile.

Allora, qual è la realtà dell’uomo nel mondo di oggi? Come possiamo arrivare a una comprensione della mascolinità, del ruolo dell’uomo nella vita familiare e nella società? In particolare, nei dieci anni di progresso rivoluzionario in Rojava, quali cambiamenti si sono radicati nel carattere degli uomini, nei loro rapporti con le donne, la famiglia e la società? Cosa bisogna fare per creare relazioni che ci avvicinino a una vita libera e paritaria? Per ottenere la vittoria della rivoluzione delle donne come rivoluzione per tutta la società?
Queste domande sono state alla base di molti dibattiti, corsi e ricerche dell’Accademia Jineolojî nel Nord e nell’Est della Siria. Il centro di ricerca Jineolojî di Afrin e Shehba (aperto all’inizio del 2021) ha individuato la necessità di far progredire la discussione e l’analisi di queste domande nel contesto sociale della propria regione. Così, tra il 25 novembre 2021 e l’ 8 marzo 2022, in collaborazione con il movimento delle donne Kongra Star, si è tenuta una serie di workshop e discussioni dal titolo: “Ruolo e responsabilità dell’uomo nella creazione di una famiglia democratica e di una società libera”.

PERCHÈ E CME SI È SVILUPPATO IL PROGETTO A SHEHBA?
Per rispondere a questa domanda, occorre innanzitutto comprendere la natura stessa della regione. Nella regione di Shehba le etnie curda, araba e turkmena hanno vissuto fianco a fianco per centinaia di anni. Ma anche le politiche razziste e fondamentaliste degli Stati siriano e turco hanno lasciato il segno nella società. Dal 2011, in particolare, la regione ha subito attacchi e occupazioni da parte di bande jihadiste come l’FSA (esercito siriano libero), Al Nusra e l’ISIS. Ognuno di questi gruppi ha cementato più profondamente il sessismo nella società e ha provocato brutali femminicidi e massacri. Ma dal 2016 è iniziato un nuovo capitolo per le donne e per tutta la società di Shehba. La liberazione della regione da parte delle Forze Democratiche Siriane e la creazione di un’amministrazione democratica autonoma, ha portato la regione ad attuare un sistema di autogoverno nel quale la partecipazione delle donne è fondamentale. A causa della guerra genocida e dell’occupazione dello Stato turco inflitta alla regione di Afrin nel 2018, quasi mezzo milione di persone sono state sfollate da Afrin a Shehba. Fino ad oggi, migliaia di donne, uomini e bambini rimangono nei campi profughi della regione di Shehba, rifiutando di accettare il loro sfollamento e sperando di tornare. Allo stesso tempo, hanno creato i propri sistemi di autogoverno e di organizzazione dell’economia, dell’istruzione, dell’autodifesa e della giustizia sociale. In ogni istituzione, consiglio e comune, gli abitanti di Shehba e Afrin aderiscono al sistema di “co-presidenza” con rappresentanza paritaria di genere. Inoltre, le donne di Shehba e Afrin hanno creato istituzioni e consigli autonomi per tutti i settori della vita. Questo per proteggere la vita e il libero arbitrio delle donne e per tessere la libertà delle donne e della società con i fili di una vita libera insieme e di una famiglia democratica. Nonostante le dure condizioni della guerra, dello sfollamento, delle sanzioni economiche e militari dello Stato siriano e degli attacchi quotidiani dello Stato turco, le donne di Shehba e Afrin hanno assunto un ruolo di primo piano nella resistenza, nella società, nella cultura e nella politica.

Tuttavia, a Shehba, proprio come in tutto il mondo, e in particolare nelle zone di guerra, la violenza di genere e tutte le altre questioni relative alle donne, alla famiglia e alla società persistono tuttora. Nel 2021, questioni profondamente dannose come la violenza contro le donne, il matrimonio minorile, lo stupro, il femminicidio e il suicidio delle donne sono state affrontate ogni mese dal Consiglio delle donne di Shehba e Afrin. Nessun evento è stato lasciato senza indagine, in base al principio che “un attacco o un’ingiustizia nei confronti di una donna è un attacco alla vita e alla libertà di tutta la società”. Il tormento creato da ogni caso di violenza di genere è un richiamo a esporre realmente le cause alla radice e a lottare contro di esse sempre più duramente. Per questo il Centro di ricerca Jineolojî di Afrin e Shehba considera tra i suoi compiti primari la promozione dell’educazione, delle discussioni e delle azioni che sviluppano la responsabilizzazione delle donne, la memoria collettiva, l’organizzazione, la cooperazione e l’autodifesa.

Ma d’altra parte, donne e uomini, giovani e anziani – ogni parte della società – devono prendere posizione e lavorare insieme per eliminare ogni tipo di violenza fisica o mentale di genere, e costruire invece relazioni di rispetto e amore tra partner, famiglie e società. Il Centro di ricerca Jineolojî e il Consiglio di Kongra Star di Shehba e Afrin potrebbero ravvisare l’esigenza di realizzare un’agenda specifica di domande, discussioni e analisi sulla realtà maschile con gli uomini della regione. Questo per far sì che anche gli uomini si considerino responsabili della trasformazione della mentalità sessista e dell’eliminazione dell’oppressione di genere. Questo è stato il metodo alla base della ricerca sociale e dell’educazione che è stata intrapresa.

Il primo workshop “Ruolo e responsabilità dell’uomo nella creazione di una famiglia democratica e di una società libera” è iniziato il 9 dicembre a Ehdas. Gli uomini sono stati invitati come rappresentanti di molte istituzioni diverse: dai consigli popolari di Afrin e Shehba, ai campi profughi, al movimento della gioventù, alle forze di autodifesa, all’Associazione delle famiglie dei martiri, ai comitati di giustizia civile, all’Associazione Ezidi, ai comitati per l’economia, l’istruzione, gli intellettuali, gli studenti e tutte le opere e i compiti sociali. Alla fine quasi 100 uomini di tutte le estrazioni sociali si sono uniti al primo gruppo di lavoro. Era guidato dalle rappresentanti del Centro di ricerca di Jineolojî e di Kongra Star, che lavoravano insieme, in lingua curda e araba. In seguito, il comitato organizzatore ha analizzato quanto emerso dal lavoro di gruppo e ha preparato una sintesi basata sulle discussioni. Su questa base, il Centro di ricerca di Jineolojî e Kongra Star hanno riunito altri gruppi a livello regionale a Fefine, Til Rifat, Sherawa, Ehra e nei campi profughi di Serdem e Berxwedan.

Seguendo questo schema, a febbraio e marzo sono stati messi all’ordine del giorno i temi del cambiamento di mentalità e dei doveri degli uomini nei confronti dei problemi sociali. Sono stati diffusi ampiamente nella società di Shehba e Afrin, attraverso discussioni incentrate sulle soluzioni. In totale hanno partecipato 450 uomini della regione e dei campi profughi. Le loro opinioni e i loro suggerimenti sono stati raccolti attraverso la discussione. Il comitato organizzatore ha utilizzato i risultati delle discussioni per produrre una sintesi e una prospettiva, che ha presentato ai membri del Consiglio del Cantone.

Le nuove prospettive, gli impegni e i piani emersi mirano a consentire un salto di qualità. Un salto verso la soluzione dei problemi delle donne, della società e della famiglia, con la piena partecipazione e la responsabilità condivisa di donne e uomini, in tutti i comuni, i consigli e tutte le istituzioni autonome (sole donne) e miste della regione.

QUALI SONO STATI IL METODO, IL CONTENUTO E IL PROGRAMMA DEL LAVORO DI GRUPPO?
Per cominciare, ogni gruppo ha letto la lettera di Fikrî Baygeldî. Il comitato organizzatore ha sottolineato come Fikrî Baygeldî, con i suoi scritti e la sua azione nella prigione di Çanakkale nel 1998, abbia dimostrato la sua fedeltà e la sua fiducia nell’esempio rivoluzionario delle sue compagne. In questo modo, ha assunto un ruolo di primo piano nella trasformazione della mentalità e dell’atteggiamento degli uomini nei confronti delle donne.
In questo contesto, la commissione ha richiamato l’attenzione del gruppo sul ruolo della mentalità nello sviluppo sociale e personale e sugli obiettivi del gruppo di lavoro. Hanno chiesto: “Perché stiamo parlando di cambiare, o trasformare, la mentalità maschile? Qual è il rapporto tra questa mentalità e il ‘ruolo e le responsabilità dell’uomo nella creazione di una famiglia democratica e di una società libera’?” e sono giunti a queste conclusioni:

  • La mentalità umana è plasmata dalla cultura, dalla vita, dall’educazione, dalle abitudini storiche e dalla socializzazione. Le nostre mentalità dettano le nostre opinioni, i principi di ciò che accettiamo o rifiutiamo, il modo in cui pensiamo e persino sentiamo. Inoltre, la mentalità dominante di una società ha un enorme impatto sulla personalità, sui pensieri e sulla mentalità di un individuo. Ma allo stesso tempo i nostri sentimenti, i pensieri, le conoscenze, le esperienze di vita e l’intuizione possono essere il trampolino di lancio per mettere in discussione e modificare profondamente la nostra mentalità. I gruppi che sintetizzano modi di pensare, valori, principi e discernimento possono avere un impatto sulla mentalità della loro società. La trasformazione personale può spingere la trasformazione sociale, la trasformazione della mentalità collettiva può a sua volta aprire una porta al cambiamento personale. Questo dimostra che le mentalità sono per natura flessibili, plurali, cose che fluiscono e vivono. Tuttavia, la prima e più intensa colonizzazione è quella della mente. Poiché i ruoli di “uomo dominante” e “donna oppressa” sono stati imposti nella mente e nelle credenze dell’umanità, le donne, la vita e la società sono state strappate e colonizzate. I dogmatismi e le regole del sessismo, del fondamentalismo religioso, del razzismo, del modello familiare patriarcale, del nepotismo e del modello scientifico occidentale dominante hanno gettato i loro semi negli individui e nella società.
  • Le donne sono state dipinte essenzialmente come macchine per fare figli, come proprietà e “onore” dell’uomo, della famiglia e del clan. Ogni uomo impara fin dall’infanzia a sfogare la propria rabbia oppressiva sulle donne. Nella stessa misura in cui le donne sono state escluse dalla vita sociale, dalla filosofia, dalla scienza, dalla politica, dall’economia, dalla leadership e dal processo decisionale, la mentalità oppressiva maschile si è diffusa a ogni livello della società e la personalità e l’identità del maschio dominante hanno preso forma. Le relazioni bidirezionali di mutuo beneficio tra uomini e donne, nell’epoca della società naturale, sono state corrotte in una dinamica unilaterale. Tutto balla al ritmo del pensiero, del linguaggio, delle decisioni, dei bisogni e dei desideri maschili, mentre quelli delle donne sono negati. Le relazioni sessuali, in particolare, sono state trasformate in uno strumento di oppressione dell’uomo sulla donna. La crisi delle relazioni coniugali si manifesta nei tassi di divorzio, nei trattamenti irrispettosi e privi di amore, nella violenza, nel femminicidio e nel fatto che le donne vengono incolpate di non avere figli o di non avere figli maschi. La dignità della donna e l’esistenza stessa sono sottoposte a un attacco da parte dell’uomo. Eppure, le donne vengono messe in disparte e dipinte come la radice di ogni peccato. La crisi delle relazioni nel matrimonio e nella famiglia e la pressione della mentalità maschile sessista spingono talvolta una donna ad uno stadio di tale disperazione, incapace di vedere una via d’uscita, a portarla a togliersi la vita. Ma chi è davvero l’assassino? Fino a che punto gli uomini si rendono davvero conto di se stessi e della loro mentalità patriarcale e si interrogano in relazione a questi eventi.
  • Il punto cruciale è che gli uomini hanno pienamente interiorizzato questa mentalità, ma spesso non ne sono consapevoli. La mentalità patriarcale è incarnata nella struttura familiare, nei templi, negli eserciti di occupazione e nelle imprese capitalistiche. Attraverso la violenza, lo sfruttamento, le uccisioni e la guerra si diffonde la nemesi della natura e dell’umanità. Come possiamo risolvere queste crisi imposte alle donne, alla società e alla vita stessa?
  • Per ottenere una vita vissuta in modo dignitoso, dobbiamo rendere visibile, analizzare e discutere la mentalità maschile dominante e le forme di mentalità oppressiva e coloniale legate alla nostra realtà sociale in Medio Oriente. Per unire le strutture dell’autonomia democratica con la mentalità reale della nazione democratica, l’unica via è una rivoluzione del cuore, della mente e della vita quotidiana. Innanzitutto, come donne e uomini, individui e società, dobbiamo assumerci la responsabilità di questi temi. Dobbiamo usare la nostra intuizione e fare il nostro dovere per costruire insieme una famiglia, una società e una vita libera e paritaria.

 

Con questa intenzione, sono state poste ai gruppi di lavoro diverse domande da discutere, tutte basate su questioni, eventi e contraddizioni emerse dalla mentalità patriarcale nella società di Shehba. Volevamo capire “Qual è l’atteggiamento degli uomini nei confronti della violenza contro le donne e delle questioni tra partner? Quali sono le loro proposte di soluzione?” Per questo motivo, il comitato organizzatore ha fatto in modo che le domande fossero pertinenti alle problematiche vissute dalle donne nella regione. I partecipanti si sono divisi in gruppi per discutere le domande e poi hanno presentato i risultati al gruppo più ampio per l’analisi.

Argomento 1: Quali sono le cause del femminicidio e del suicidio delle donne? Quale posizione assumono gli uomini e la società in relazione a questo fenomeno? Cosa possiamo fare per prevenire questi eventi?
La maggior parte dei partecipanti dei gruppi che hanno discusso sul femminicidio, ha collegato questo ad una mentalità patriarcale. Se le donne sono considerate “l’onore” dell’uomo, allora l’uccisione delle donne viene legittimata in nome della difesa di tale onore. Lo stesso atteggiamento è spesso quello che porta le donne a una tale disperazione da spingerle a togliersi la vita. Allo stesso tempo, è stato sottolineato che molte cose influenzano i tassi di suicidio delle donne e degli uomini nella regione: i problemi familiari, le opinioni conservatrici che impediscono ai giovani di raggiungere un amore sano, l’impatto della guerra, lo sfollamento, le pressioni economiche, la politica di assimilazione e il sistema capitalistico.
Le serie televisive e i diversi tipi di musica e media digitali, ad esempio, possono promuovere immagini e desideri irrealistici e dannosi. Le discussioni hanno evidenziato il fatto che la minaccia di omicidio non è solo fisica. Lo spostamento, l’assimilazione e l’occupazione portano con sé l’omicidio della mente e dell’anima. Alcuni hanno anche considerato il femminicidio come “un tradimento della propria cultura” e il suicidio come “debolezza della volontà”. Per prevenire il femminicidio in futuro, è stato ritenuto importante superare gli atteggiamenti tradizionali conservatori sull’“onore” e sono state suggerite precauzioni legali più efficaci. Anche l’educazione dei genitori e dei figli a comprendere le proprie responsabilità sociali è stata indicata come soluzione. Ma è stato raro che gli uomini abbiano espresso i propri pensieri e sentimenti e la loro posizione sull’aumento degli omicidi e dei suicidi a Shehba.

Argomento 2: Quali sono le cause del divorzio? Perché aumentano i matrimoni tra minorenni?
Tra le trasformazioni sociali in atto nella rivoluzione, una delle più discusse è l‘aumento dei casi di divorzio. Si dice: “Prima era un tabù, ora è normale”. La maggior parte degli uomini considera questo fenomeno come “degrado della società” o “corruzione dei principi etici”. Da un lato, questa situazione può essere attribuita all’impatto della modernità capitalista, dei media digitali, dell’individualismo e delle aspirazioni ad una vita borghese. Ma al di là di tutto ciò, il divorzio è spesso riconducibile anche alla violenza contro le donne, alla gelosia e alla rottura della fiducia tra i partner, ai problemi psicologici, allo spostamento e alle pressioni economiche. D’altra parte, l’aumento dei tassi di divorzio è in qualche modo il risultato della lotta delle donne e della difesa dei loro diritti. Alcuni uomini interpretano la parità di diritti tra uomini e donne nel sistema democratico in senso positivo. Ma alcuni continuano a vederli negativamente e sostengono che le leggi sulle donne abbiano semplicemente aperto le porte al divorzio.
Nelle discussioni sul divorzio, è emerso che la maggior parte dei problemi tra i partner che arrivano al punto di divorziare sono radicati in problemi legati al processo stesso del matrimonio. Sono stati portati diversi esempi di casi di divorzio in una situazione di matrimonio minorenne o forzato. È stato ribadito che molti divorzi avvengono quando gli sposi si conoscono appena. Prima del matrimonio, è stata presentata un’immagine diversa. O forse la madre dello sposo tratta male la sposa. Tra le ragioni del divorzio sono state citate anche la mancanza di comprensione e di obiettivi comuni o la mancanza di rispetto e di amore tra i partner. È interessante notare che molte persone che condannano prontamente l’aumento dei tassi di divorzio non mostrano la stessa reazione nei confronti dei matrimoni tra minorenni. Molti considerano addirittura che non avere figli sia una colpa della donna e un motivo legittimo per divorziare.
Il matrimonio tra minorenni viene generalmente presentato come “un’antica usanza per salvaguardare le nostre ragazze”. Molte famiglie vivono nella paura che le loro figlie perdano la loro innocenza prima del matrimonio, perché questo viene visto come una perdita dell’onore e della reputazione dell’intera famiglia. Ciononostante, alcuni uomini si esprimono contro il matrimonio tra minorenni. Considerano sbagliato e pericoloso non lasciare che le ragazze raggiungano l’età adulta per sposarsi, o toglierle dalla scuola per farlo. Vale la pena sottolineare che negli ultimi dieci anni di guerra e sconvolgimenti, la tendenza delle famiglie siriane a sposare precocemente le proprie figlie è aumentata. Da un lato, la posizione della ragazza nella famiglia paterna la fa considerare un “peso economico” o un “pericolo per l’onore della famiglia”. Dall’altro, le famiglie sperano che sposando le figlie possano proteggerle dalle condizioni di guerra, caos e sfollamento.
In generale, anche gli uomini considerano il matrimonio minorile, o i problemi legati al matrimonio in generale, come un affare della madre della ragazza. Ma nelle discussioni alcuni giovani e ragazzi hanno sottolineato che i loro padri in realtà non seguono questo aspetto, in quanto tendono ancora ad avere l’ultima parola. Allo stesso tempo, è stato valutato che molti giovani uomini e donne non riescono a comprendere il significato dell’amore e del matrimonio, a causa delle visioni tradizionali della famiglia e della società. Molte donne della nuova generazione arrivano all’età del matrimonio e non capiscono appieno cosa significhi avere una relazione matrimoniale, avere una famiglia o assumersi delle responsabilità. È stato criticato il modo in cui le madri e i padri deludono i figli, mentre dovrebbero educarli. È stata espressa la necessità di una maggiore educazione sociale che affronti realmente le realtà delle giovani generazioni e dei loro genitori.

Argomento 3: Cosa spinge gli uomini ad alienarsi dalla loro essenza e dalla loro natura? Cosa provoca la poligamia? Perché questa usanza viene ancora difesa e come possiamo superarla?
Nelle discussioni sul linguaggio, alcuni uomini hanno rifiutato la parola “zilam” [uomo, dalla stessa radice di “violenza” e “oppressore”] in quanto non definisce il loro genere e non rappresenta la cultura curda, soprattutto ad Afrin. Ma allo stesso tempo hanno lottato per definire la loro vera essenza e natura e per guardare da vicino la realtà della mascolinità imposta dal sistema patriarcale. Erano evasivi quando si trattava di fare una vera autoanalisi e di mettere in discussione la personalità maschile dominante. L’impatto del dogma patriarcale e religioso sulla mentalità maschile è evidente. Egli vede le donne e i bambini come una sua proprietà. Questo si manifesta nelle scuse che legittimano la poligamia.
Molte persone sono convinte che la poligamia sia stata resa lecita dall’Islam e che lo status di un uomo nella società e nel clan si misuri in base al numero delle “sue” donne e dei suoi figli. L’impatto negativo che questo ha sulla vita e sullo spirito delle donne e dei bambini è raramente oggetto di discussione. Inoltre, il Corano, in quanto fonte originale dell’Islam, viene spesso interpretato in modo errato. Ad esempio, gli avvertimenti del Profeta Maometto sulle difficoltà di stabilire la giustizia nelle relazioni poligamiche sono spesso sconosciuti o ignorati. Gli insegnamenti islamici fondamentalisti diffusi dai Fratelli Musulmani, dall’AKP e dalle forze di occupazione come Al Nusra o l’ISIS hanno influenzato la posizione di questa usanza, così come gli atteggiamenti patriarcali e le tradizioni dei clan. Poiché l’influenza dei clan è stata debole ad Afrin per molto tempo e poiché c’è stata un’intensa resistenza sociale agli attacchi di Al Nusra e dell’ISIS, la poligamia non è diffusa. Tuttavia, alcuni uomini vedono la poligamia come una legittima difesa della loro cultura in tempi di guerra e disintegrazione sociale. I partecipanti a questa parte del workshop hanno visto la necessità di contrastare questo fenomeno attraverso l’educazione e di liberare la società da questa mentalità e da questa usanza conservatrice.

Tema 4: Cosa significa essere una famiglia democratica? Considerate la scelta della donna di avere figli? Trattate la madre e il bambino in modo diverso a seconda che sia femmina o maschio?
In generale, i partecipanti hanno posto il concetto di famiglia democratica come principio centrale dell’amore e della difesa della propria terra e cultura e della lotta per la libertà del popolo curdo. Abbiamo visto che la famiglia democratica può essere la chiave per risolvere tutti i problemi sociali. Con la rivoluzione, molte famiglie e i singoli individui al loro interno sono entrati in una nuova fase di interrogazione. Molti genitori hanno assunto nuove responsabilità e doveri nella vita sociale, politica e familiare. Molti padri che hanno fatto parte del gruppo di lavoro hanno dichiarato che terranno maggiormente conto della libera volontà delle donne e dei bambini.
Ma allo stesso tempo hanno espresso che la generazione di genitori cresciuta all’ombra dello Stato e della mentalità suprematista fa davvero fatica a cogliere e a mettere in pratica i principi di una famiglia democratica. In effetti, è emerso un forte desiderio di una maggiore e consolidata educazione alla teoria e alla pratica della famiglia democratica. Sono emerse ripetutamente domande su cui abbiamo bisogno di una comprensione condivisa: Che cos’è una famiglia democratica e come ci si arriva? Quali sono le relazioni e i ruoli dei membri della famiglia? Come esprimiamo i doveri e le responsabilità familiari? La cattiva comunicazione intergenerazionale, la morsa soffocante della modernità capitalista, il deperimento del tessuto etico della società comunitaria e i tentativi di difendere le tradizioni feudali, religiose e claniche aggravano la crisi della famiglia.
In queste circostanze, l’impulso a riprodursi e ad avere più figli viene presentato come una difesa della vita e della famiglia. Alcuni uomini si sono alzati e hanno detto: “Come curdi, come popolo minacciato dal genocidio, abbiamo bisogno che ogni famiglia abbia almeno cinque o sei figli!”. Ma questo approccio non tiene conto né della questione della crescita e dell’educazione dei figli, né della scelta della donna in materia. La prospettiva patriarcale trionfa ancora. La famiglia si misura in base al numero di figli, soprattutto se maschi. La donna viene incolpata se non ha figli, o se non ha figli maschi. Non ci si chiede mai se il problema possa essere l’uomo. Già questo ci fa capire che c’è ancora molta strada da fare per arrivare a una famiglia democratica. Prima di tutto, devono essere valorizzate le voci, le responsabilità e gli sforzi di ogni membro della famiglia. Da qui si può iniziare a costruire relazioni di rispetto, fiducia e amore.

Argomento 5: Come intende l’uguaglianza nella leadership? Qual è la vostra opinione sul sistema di co-presidenza? Qual è l’atteggiamento verso il movimento delle donne e l’organizzazione autonoma?
La maggior parte dei partecipanti ha accettato il modello di leadership condivisa e il sistema di copresidenza [un uomo e una donna in ogni posizione di responsabilità], come buon senso e uguaglianza nella gestione della società. Allo stesso tempo, però, hanno affermato che il pensiero suprematista e gli approcci superficiali creano ostacoli alla sua effettiva messa in pratica. Quando si è discusso di come la mentalità suprematista si manifesti, gli uomini hanno fatto per lo più esempi di donne copresidenti e rappresentanti. Non hanno preso in considerazione se stessi o altri uomini. Alcuni uomini si sono persino lamentati del fatto che le donne creano uno squilibrio tra il lavoro autonomo delle donne e le strutture miste di genere, dando sempre la priorità all’agenda delle donne.
È stato chiaro che quando si parla di come lavorare insieme in politica e nella gestione della società, ancora una volta come per altri argomenti, gli uomini preferiscono criticare le donne piuttosto che esaminare i propri atteggiamenti. Evitano di chiedersi se si stanno impegnando e se rispettano davvero l’autonomia delle donne. Alcuni hanno persino espresso il loro disagio nei confronti dell’organizzazione delle donne con affermazioni come “Se questa è una rivoluzione delle donne, allora lasciamo che siano le donne a salvarci!” o “Se non gli piace come siamo, possono cambiarci!”. Tutto ciò dimostra che gli uomini fanno ancora fatica a comprendere le proprie responsabilità nei confronti della famiglia e della società, o a mettere in discussione e cambiare il proprio approccio egocentrico. Molti uomini accettano già il movimento delle donne nella sua forma di forza politica o militare, o di azione. Ma quando si parla di organizzazione autonoma delle donne per una rivoluzione sociale, hanno un’analisi così superficiale che non la considerano nemmeno necessaria. È così che la mentalità maschile dominante divide l’organizzazione autonoma delle donne.

A QUALI RISULTATI SIAMO GIUNTI ATTRAVERSO I GRUPPI DI LAVORO? QUALI SONO LE PROSSIME TAPPE?
Uno degli obiettivi dei workshop è stato quello di raccogliere alcuni dati e fare alcune analisi in risposta alle domande: Dopo la rivoluzione del Rojava, quali cambiamenti stanno avvenendo nella mentalità maschile dominante e nella famiglia come luogo di dominio maschile? Quanto gli uomini considerano i problemi delle donne, della famiglia e della società come una loro responsabilità e come il loro compito di cercare soluzioni?
Naturalmente, per rispondere davvero a queste domande in modo ampio, è necessaria una ricerca molto più ampia nelle diverse regioni della Siria settentrionale e orientale. Ma le osservazioni e i risultati delle discussioni con oltre 450 uomini di diversi gruppi etnici nelle regioni di Shehba e Afrin sono comunque significativi sia di per sé, sia per come indicano le tendenze generali. In generale, la maggior parte dei partecipanti ha avuto una buona consapevolezza e una risposta positiva alle prospettive portate da Jineolojî e alle discussioni collettive sulle questioni familiari e sociali. È emerso chiaramente che gli uomini considerano la ricerca di soluzioni ai problemi della famiglia e della società come una questione chiave del nostro tempo.
I partecipanti si sono basati su aspetti diversi nelle loro prospettive sulle domande. Alcuni hanno cercato di identificare le cause dei problemi e di cercare soluzioni attraverso una lente religiosa. Altri hanno guardato alla filosofia o alla saggezza degli anziani. Alcuni hanno visto una soluzione nel rafforzamento dei valori sociali, altri nella promulgazione di diritti e leggi universali. Altri ancora hanno adottato un approccio scientifico. Tutti questi approcci hanno qualcosa da offrire. Tuttavia, in tutti i diversi approcci è emerso un aspetto interessante: gli uomini preferiscono sempre esprimere le loro opinioni, critiche, lamentele ed esperienze sulle donne e sul movimento delle donne piuttosto che interrogare le proprie realtà, i propri sentimenti e i propri atteggiamenti in relazione alle domande. La mancanza di autocritica e di critica tra gli uomini è emersa in modo evidente. È come se ci fosse un muro di difesa. Come se perdessero qualcosa se si mettessero in contatto ed esprimessero i loro sentimenti o i loro pensieri interni. È qui che l’impronta della mentalità sessista e delle costruzioni religiose della mascolinità è più evidente. Hanno creato un modello conservatore di virilità che è diventato un’identità. Ci sono poi uomini che parlano di essere “uomini democratici” nella loro società, ma sono dittatori a casa con la loro famiglia. Ci sono due pesi e due misure nel loro approccio alle donne: un modo per le donne con cui lavorano, un altro per le loro madri e un altro ancora per le loro compagne.

La costruzione del maschio dominante ha messo in crisi e in contraddizione la mascolinità. I ragazzi imparano fin da piccoli che devono essere forti e conoscere sempre le risposte. Fin da piccoli ci si aspetta che esprimano forza, che siano atletici, che proteggano le loro sorelle e che le tengano d’occhio in modo che nessuno possa dire nulla contro l’“onore” della famiglia. Gli uomini devono risolvere tutto da soli, affidandosi alla forza fisica. La coscienza patriarcale della modernità capitalista misura l’uomo dal suo denaro, dai suoi beni, dalla sua casa, dalle sue donne e dai suoi figli. Gli uomini acquistano questa immagine, dove ottengono l’accettazione attraverso la forza materiale e fisica.

Caratteristiche umane come l’accettazione dell’aiuto, la condivisione dei sentimenti, il pianto, il lavoro riproduttivo e i modi di pensare sensibili o empatici sono tutti considerati punti deboli in un uomo. In una società sessista, un uomo che esprime una di queste caratteristiche non viene accettato. Viene deriso come “effeminato” o guardato dall’alto in basso, e presto si rende conto di dover svolgere il ruolo di supremazia maschile. È così che la mascolinità si perpetua e mantiene la sua rigida struttura. Molti uomini sono intrappolati, incapaci di accedere ai propri pensieri, di raggiungere il loro vero io o di mostrare amore. Imparano che l’unico modo per esprimere sentimenti, dolore o bisogni è la rabbia e la violenza. Vengono modellati in una forma dura e spigolosa. È questo che legittima la violenza di genere e la cultura dello stupro. La cultura dello stupro significa che gli uomini vedono le donne come oggetti da usare a fini sessuali, senza alcun rispetto per l’autonomia delle donne. Queste mentalità sociali dominanti e sessiste normalizzano la violenza.

Queste mascolinità spingono gli uomini a una crisi di coscienza. Gli uomini che, consapevolmente o meno, non sono all’altezza di questi duri standard di mascolinità; gli uomini che soffrono nella morsa dei sistemi di sfruttamento; gli uomini che per povertà o altri motivi non possono essere i capofamiglia, spesso trasformano la loro rabbia e la loro disperazione in violenza contro se stessi. Alcuni cercano di affogare il dolore nel bere o nelle droghe. Per altri si traduce in autolesionismo. Alcuni guidano in modo spericolato o trovano altri modi per mettersi consapevolmente in pericolo. Altri ancora si tolgono la vita.

Soprattutto, la mascolinità dominante è una minaccia per le donne, per il loro libero arbitrio e per la loro vita. Ma come abbiamo visto osservando le statistiche sui suicidi maschili, la stessa mentalità guida gli uomini in una morsa di morte. Se osserviamo le relazioni e la comunicazione tra uomini, vediamo che anche loro vivono nella paura della violenza e della supremazia maschile. Non c’è uno spazio sicuro in cui gli uomini possano condividere se si sono trovati di fronte alla violenza maschile, compresa la violenza sessuale, o in cui possano chiedere conto di tale violenza. Il primo passo per superare le paure e gli ostacoli interni, per conoscere e capire se stessi, è rendersi conto che anche loro sono colpiti dalla supremazia maschile. Solo allora cercheranno seriamente di districarsi dal sistema oppressivo.

Come ha analizzato Abdullah Öcalan, un vero compagnerismo e una vita vissuta insieme in libertà possono essere costruiti solo sulla base della lotta militante: i generi insieme, lavorando per creare personalità libere in loro stessi e nei loro compagni. I militanti maschi che hanno frequentato l’Accademia delle Donne Libere si sono rispecchiati nella vita e nel lavoro collettivo delle loro compagne e hanno imparato a mettersi in discussione e a cambiare. In questo processo si sono resi conto di quanto la personalità maschile dominante fosse un ostacolo al loro legame sociale e a relazioni veramente rispettose con il proprio genere. Le compagne hanno anche visto la profondità dell’insicurezza e del dolore che molti uomini nascondono dietro una maschera di forza e sicurezza. Questo ha reso chiaro che non basta criticare e svergognare la mascolinità dominante. Sono necessari anche esempi di uomini e mascolinità liberi per motivare la trasformazione con energia e fede. In effetti, concentrarsi su esempi di uomini liberi, storici e attuali, è uno dei metodi più efficaci. Dimostra che la natura essenziale degli uomini non è in realtà brutale e dominatrice. Queste sono caratteristiche dei sistemi gerarchici e statali. Nelle società naturali del passato e del presente, “un buon uomo” potrebbe avere le stesse caratteristiche di “una buona madre”, o essere definito dalla sensibilità, o dal rispetto per tutti gli esseri viventi.

Shehid Hêlîn Murat, nella sua lettera del 26 marzo 2016 dalla montagna di Cilo, ha scritto:

“Decine di volte ho visto emergere qualcosa di veramente importante nei nostri seminari di storia delle donne, quando guardiamo alla realtà degli uomini nel neolitico e alle definizioni di egîd/camêr/camerd [parole più antiche per l’uomo, che condividono la radice con le parole per la donna/madre]. Quando li portiamo alla luce, comprendiamo il carattere e la mascolinità degli uomini a un altro livello. È un punto interessante anche per i compagni maschi. Le discussioni sono sempre molto ricche. Inoltre, mette in luce come la mascolinità sia stata plasmata dalla cultura patriarcale conservatrice. Si vede come gli uomini siano stati resi schiavi di questo sistema. Alcuni compagni maschi se ne escono con frasi del tipo: “L’umanità ha bisogno di sentire questi concetti e queste definizioni di uomo libero”.

È un compito importante ricercare gli uomini che hanno preso posizione contro la mentalità maschile dominante e hanno resistito. Da Prometeo ai pescatori baschi che si sono opposti all’Inquisizione per difendere la vita delle donne della loro comunità; da Thomas Sankara, che ha dato l’esempio nella rivoluzione del Burkina Faso sottolineando l’importanza della lotta per la libertà delle donne e del superamento del sessismo nella società, ad Abdullah Öcalan e ai compagni della rivoluzione del Kurdistan, molti uomini hanno cercato la libertà nelle loro azioni, nelle loro menti e in loro stessi, dimostrando che è possibile “uccidere il maschio dominante”. Un esempio è Shehid Ilan Kobane (Ehmed El-Elo). Si è alzato e ha assunto un ruolo di primo piano nella storica resistenza di Afrin contro gli attacchi dell’esercito turco, in nome della terra e della libertà. Ha sempre detto di essere un seguace di Arin Mirkan e Avesta Xabur ed è nello spirito di queste donne martiri che si è sacrificato in un’azione l’ 8 marzo 2018. Nella sua ultima lettera, ha riconosciuto l’influenza che sua madre aveva avuto sulla sua vita e ha dedicato la sua azione a tutte le madri del Kurdistan. Con le sue parole e la sua azione, Ilan Kobane ha dimostrato che gli uomini del modello “egîd/camêr/camerd” sono ancora con noi nella lotta per la libertà.

Una cosa che abbiamo visto chiaramente come risultato dei workshop a Shehba è che incolpare l’altro o se stessi non è una soluzione. Queste tendenze non fanno altro che rafforzare la difensiva e i dogmatismi del sessismo, del fondamentalismo religioso e del nazionalismo. Non colmeremo mai le distanze e le disconnessioni tra uomini e donne, o tra gruppi religiosi ed etnici, con questo pensiero. Invece, faremo un passo avanti sulla lunga strada della trasformazione interna con un pensiero ricco di sfumature, sensibilità e conversazioni aperte e profonde. È così che diamo vita alla saggezza collettiva e al potere di risoluzione dei problemi di una società politica ed etica. È così che rafforziamo in ogni persona la consapevolezza e il senso di responsabilità verso i problemi della famiglia e della società. Passo dopo passo, gli uomini stanno comprendendo i loro doveri nella costruzione di una famiglia democratica e di una società libera, e se ne appropriano.

Come Alexandra Kollontai vide che per raggiungere la libertà delle donne e della società nella rivoluzione sovietica era necessario ridefinire il concetto e la struttura della famiglia, così nella rivoluzione del Kurdistan sono in corso tentativi storici di ridefinire i concetti di donna, uomo, vita condivisa e famiglia. Il vecchio stile di famiglia in cui l’uomo era tutto e la donna niente sta cambiando sotto i nostri occhi. Ma ciò che è importante è il modo in cui questo cambiamento si manifesta, all’interno della mentalità e della personalità, nella famiglia stessa e nelle relazioni tra uomini e donne. Affinché questa rivoluzione porti a una società libera e a una famiglia democratica, nel cuore del Medio Oriente, tutti – uomini e donne – devono assumersi le proprie responsabilità e chiedersi quotidianamente: Quali insegnamenti e dogmi dobbiamo abbandonare? Quali tradizioni etico-sociali dobbiamo proteggere? Cosa dobbiamo ricostruire?

Come Centro di Ricerca Jineolojî abbiamo tratto tre risultati fondamentali relativi a queste domande dalle discussioni e dai risultati dei gruppi di lavoro “Ruolo e responsabilità dell’uomo nella creazione di una famiglia democratica e di una società libera” portati a termine a Shehba.
1- Soprattutto, dobbiamo liberare la nostra società e le nostre menti dai concetti obsoleti di “onore” che condannano le donne a essere proprietà degli uomini e della famiglia. Inoltre, gli uomini devono abbandonare l’idea che la violenza sia naturale o una forza di sviluppo.
2- Dobbiamo invece difendere la cultura della connessione e della condivisione di tutto nella vita: dolore e felicità, immateriale e materiale, senza che una persona si metta al centro di tutto. L’etica della società comune e lo spirito di collettività sono medicine per molte malattie del capitalismo, del sessismo, del nazionalismo e delle strutture familiari patriarcali.
3 – L’amore che è stato indebolito e ucciso deve essere recuperato e riportato in vita. Affinché gli uomini imparino ad amare veramente, devono abbandonare il desiderio di supremazia e scegliere la vita piuttosto che l’uccisione e la morte. In un luogo così pieno di attacchi mortali contro le donne, la società e la natura, la cosa più importante è che si riattivi un vero amore per la vita.

L’Accademia Jineolojî e il Centro di ricerca Jineolojî prendono questo come punto di partenza e questi come obiettivi, e continuano il loro lavoro a Shehba e oltre per fare del XXI secolo l’era della libertà per le donne e la società.

Alcuni suggerimenti emersi per progettare e lavorare per una famiglia democratica e una società libera:

  1. I comitati per l’educazione dei consigli regionali, Kongra Star, il movimento della gioventù e il centro di ricerca Jineolojî collaborano a workshop, dibattiti e lezioni nei quartieri, nei comuni e nelle famiglie sui seguenti temi:
    I pericoli per i bambini, le donne e le famiglie derivanti dal matrimonio tra minorenni e dalla poligamia.
    – La Legge sulle donne dell’Amministrazione autonoma e i principi di libertà delle donne
    – Principi ed esempi della personalità di un uomo democratico: cosa impedisce agli uomini di vivere questi principi? Cosa ci guadagnano quando ci riescono?
    – Che cos’è una famiglia democratica e come si crea? Quali sono le relazioni e i ruoli all’interno della famiglia? Ad esempio, tra madre e figlia, madre e figlio, padre e figlia, padre e figlio, sorella e fratello, sposa e sposo, e così via. Come stabiliamo quali sono i doveri e le responsabilità in una famiglia e come li condividiamo? Chi decide? Come si educano i bambini?
    – Il concetto di “hevjiyana azad” [vita libera insieme]
    – Il significato dei concetti di etica, libertà e cultura democratica nelle relazioni familiari e sociali.
    – Il sistema di co-presidenza e l’organizzazione autonoma delle donne
    – Indagine sui concetti tradizionali di “onore”, per arrivare a una definizione di onore in linea con la mentalità della “hevjiyana azad” e con i valori di una società etica e politica.
    – Il significato di attaccamento e amore
  2. Progetti culturali, come teatro, canzoni, danza, ecc. dovrebbero accompagnare l’educazione, in collaborazione con Kevana Zerin e TevChand [associazioni culturali delle donne e misto]; dovrebbero essere proiettati film e analisi di Abdullah Öcalan; dovrebbero essere utilizzati metodi di insegnamento alternativi alla lingua per creare conversazioni veramente aperte.
  3. Esplorare la prospettiva e gli approcci di Abdullah Öcalan sulle donne e sulla famiglia – organizzando gruppi di lettura e discussioni aperte su “Donne e famiglia” in diverse istituzioni, consigli e comuni.
  4. Creazione di comitati regionali per seguire, ricercare, documentare e analizzare i casi di femminicidio e suicidio delle donne, con rappresentanti di Kongra Star, dei centri di giustizia delle donne, delle forze di sicurezza, della stampa e dei centri di ricerca di Jineolojî. Questi comitati possono riferire mensilmente al Consiglio regionale delle donne (Kongra Star), per sviluppare una politica e una lotta condivise contro ogni tipo di violenza di genere.

Centro di ricerca Jineolojî di Afrin e Shehba
Maggio 2022

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